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L'Italia un modello di formazione religiosa   versione testuale

Qual è il rapporto degli italiani con la religione e la Chiesa oggi? La domanda solleva sicuramente molti più interrogativi di quelli ai quali si può rispondere con i dati di indagini statistiche. Le ricerche, condotte in questi anni dalla C.E.I. ed in particolare dal Servizio Promozione, possono però fornire un quadro di riferimento molto interessante ed a volte sorprendente che cercheremo di illustrare in questa, e nelle prossime uscite della newsletter “IN CERCHIO”.
 
Benedetto XVI, nel discorso agli stati generali della Chiesa italiana riuniti a Verona il 19 ottobre 2006 affermava: “L’Italia costituisce un terreno assai fertile per la testimonianza cristiana. […] La Chiesa, infatti, qui è una realtà molto viva, che conserva una presenza capillare in mezzo alla gente di ogni età e condizione. Le tradizioni cristiane sono spesso ancora radicate e continuano a produrre frutti. […] La Chiesa e i cattolici italiani sono dunque chiamati a cogliere questa grande opportunità. […] se sapremo farlo, la Chiesa in Italia renderà un grande servizio non solo a questa nazione, ma anche all’Europa e al mondo”.
 
Effettivamente l’Italia rappresenta una “eccezione” nel panorama secolarizzato dell’Europa occidentale e si erge a modello per le altre Chiese del continente.
 
Una ricerca condotta da GfK Eurisko nel 2007 evidenzia che in Italia la partecipazioni a riti religiosi è nettamente superiore a quella di altri Paesi europei: a fronte di 100 italiani che adempiono al precetto domenicale tutte le settimane, vi sono 14 russi che partecipano a riti religiosi (cattolici o meno), 24 francesi (vedi grafico 1). L’unica eccezione è la Polonia dove si registra una adesione decisamente maggiore.
 
Tutto bene dunque? 
In realtà, se esaminiamo la frequenza alla messa degli italiani dal 2004 al 2012, ci accorgiamo che l’Italia non è immune da questo processo di secolarizzazione. Nell’arco di 8 anni si è perso circa il 30% di cattolici praticanti regolari (cioè che vanno a messa tutte le domeniche), passando dal 30% nel 2004 al 21% nel 2012 (vedi grafico 2).
 
Più in dettaglio nel 2012, il 33% degli italiani adulti ha dichiarato di rispettare l’obbligo settimanale del precetto almeno 2 volte al mese mentre un 16% si è definito totalmente estraneo alla pratica religiosa (vedi tabella di seguito riportata).
 
 
 
                     FREQUENZA ALLA MESSA
(N=1.000)
Tutte le domeniche o una volta alla settimana
Due o tre volte al mese
Una volta al mese
Due o tre volte l’anno
Meno spesso
Mai
21%
12%
9%
29%
13%
16%
 
 
Sono soprattutto gli anziani che affollano le nostre chiese: la percentuale di coloro che vanno a messa tutti i giorni sale 32% tra coloro che hanno più 64 anni. Tale percentuale si contrae al 9% tra i 18 ed i 24enni, a testimonianza di una difficoltà della Chiesa di agganciare i giovani, a parlare il loro linguaggio.
 
A livello territoriale si evidenzia una consuetudine religiosa leggermente più radicata al Sud (25%) e meno al Centro (17%).
 
In conclusione possiamo dire che nel nostro Paese la pratica religiosa resta a livelli elevati sebbene più contenuti che in passato. Ma si riduce drasticamente tra i giovani. Se questo processo non verrà arrestato, in un prossimo futuro, l’Italia potrebbe non più essere un modello di cristianità popolare e diffuso per le altre Chiese d’Europa.
 
Responsabile: Matteo Calabresi
Coordinamento redazionale: Maria Grazia Bambino
Servizio promozione della C.E.I.
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