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Il “sovvenire” tra teologia ed ecclesiologia   versione testuale

Sul piano economico elemento umano ed elemento divino sono effettivamente conciliabili? Come? Quali sono i principi che dovrebbero guidare la Chiesa nell’uso dei beni? A queste domande rispose qualche tempo fa don Dario Vitali, docente di Ecclesiologia all’Università Gregoriana, uno dei formatori al prossimo Campus Comunidare. Ecco una sintesi delle risposte date alla luce del Concilio Vaticano II.
  
Chiesa societaria o Chiesa spiritualista? Visibile o invisibile? Manageriale o teologica? Se si torna al Vangelo, ai suoi principi e ad una corretta lettura del Vaticano II (in particolare Lumen Gentium n. 8) la risposta è presto data. Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra la Chiesa santa, comunità di fede, speranza e carità come organismo visibile. Quindi nessuna prevalenza di un aspetto piuttosto che di un altro.
 
In realtà il Vaticano II -afferma don Vitali- ha perseguito un’integrazione di quella visione apologetica in una prospettiva più ampia, dove il recupero sacramentale della Chiesa permettesse anche una comprensione teologica dei suoi aspetti istituzionali e quindi anche dei suoi aspetti organizzativi”, non ultimi quelli relativi alla sua gestione economica. Quindi che si debba leggere il “sovvenire” attraverso principi dottrinali, applicando i criteri dell’indagine teologica a questa materia, è subito evidente. Infatti se l’azione della Chiesa non può prescindere dalle sue risorse, umane ed economiche, per mettere in campo le sue iniziative, un retto uso di esse è garanzia della missione stessa della Chiesa. Questa è, dunque, una prima indicazione: tenere legati in maniera inscindibile l’elemento umano e l’elemento divino, per evitare il rischio che ognuno prosegua per conto proprio.
 
Una seconda condizione che permette di mantenere al corpo ecclesiale la fedeltà al Vangelo è la continua conversione e purificazione. In particolare nel 1984 la Chiesa, che è nel mondo ma non è del mondo, accetta e affronta la nuova sfida e si rende disponibile all’azione dello Spirito e alla purificazione fatta dalla Grazia di Dio. “Spesso, se guardiamo la storia, sono le situazioni di crisi a determinare questo movimento di purificazione -rammenta don Vitali- negli anni di passaggio dal vecchio al nuovo sistema, i Vescovi italiani dovettero misurarsi con una situazione del tutto sconosciuta e con i due strumenti dell’8xmille e delle Offerte liberali. Il testo Sovvenire alle necessità della Chiesa scritto in quell’occasione, fu profetico e fissò con una chiarezza straordinaria l’ideale che è la missione della Chiesa a determinare l’uso dei beni, e la sua missione non può svolgersi in altri termini che in analogia con il modo con cui Cristo stesso l’ha svolta". Citando Gaudium et spes, n. 88, don Vitali ricorda come lo spirito di povertà e di carità è la gloria e la testimonianza della Chiesa di Gesù Cristo. Alla luce di tutto ciò è giusto chiedere firme per l’8xmille e Offerte liberali? In realtà non è una questione di soldi ma di credibilità e coerenza. E’ “l’obbedire a Dio” che fa la differenza, è il “vivere secondo il Vangelo”.
 
A tal proposito, il grande successo dell’8xmille ha in parte indebolito proprio i principi alla base di tutto il sistema. A questo si aggiunga che il sistema centralizzato, insieme ai finanziamenti delle nuove chiese, delle opere pastorali e per il sostentamento del clero, se da una parte ha guadagnato in efficienza, dall’altra ha perso in coinvolgimento delle comunità cristiane, di fatto estranee a un meccanismo che non sembra aver bisogno della loro presenza e partecipazione. E’ questo un nodo problematico sul quale continuare ad educare per accrescere quel senso di appartenenza ecclesiale, partecipazione e corresponsabilità che fondano il nuovo sistema.
 
Perciò è necessario fare molta attenzione a limitare il sistema ai movimenti di dare e avere, senza cogliere le radici profonde della comunione e della partecipazione, della corresponsabilità, “ciò equivarrebbe a svuotarlo di significato, riducendolo a un freddo ingranaggio amministrativo.
 
Vale in questa direzione il monito dei Vescovi ai presbiteri, nella lettera del ventennale Sostenere la Chiesa per servire tutti, dove si ribadisce che il denaro deve essere considerato per quello che è: uno strumento e non un fine. “La via privilegiata della Chiesa è quella della testimonianza, che si rende evidente anche nella destinazione dei beni materiali; se le tante chiese, nuove e ristrutturate, non si animano della presenza di comunità vive e mature, l’attivismo reso possibile dal denaro che proviene dall’8xmille diventa un peccato davanti a Dio, e una contro testimonianza davanti agli uomini".
 
"Non dovrebbe suonare offensiva per nessuno la richiesta di investire in formazione -conclude don Dario Vitali- più che in tanta edilizia di culto, affinché maturi una comunità cristiana capace di dare a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio. E in questo modo sarà vero il proposito di rinnovare con una più viva coscienza ecclesiale, con la partecipazione che in Italia ha fatto della Chiesa, la Chiesa della nostra gente”.
 
Responsabile: Matteo Calabresi
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