Archivio Newsletter » Anno 2013 » 2013 Ottobre » Aspetti Pastorali » Bene comune, sussidiarietà e solidarietà: le tre parole chiave del “sovvenire” nella relazione del Vescovo Mons. Donato Negro ai nuovi incaricati 

Bene comune, sussidiarietà e solidarietà: le tre parole chiave nella relazione del Vescovo Mons. Donato Negro ai nuovi incaricati   versione testuale


Si possono usare i beni della terra, i soldi senza sporcarsi…la coscienza? Esiste un primato tra interiorità umana e storia, tra spiritualità e solidarietà?
Le risposte nella relazione (in allegato) che il Vescovo di Otranto Mons. Donato Negro, Presidente del Comitato promozione sostegno economico, ha tenuto ai nuovi incaricati del “sovvenire” lo scorso 9 ottobre a Roma.
Affrontando i tre principi del bene comune, della sussidiarietà e solidarietà il Vescovo ha evidenziato come in ogni caso si debba sempre tenere presente “tutto l’uomo e tutti gli uomini” (Paolo VI nella Populorum Progressio), ovvero l’“interiorità” non scissa dalla “storia”, la “spiritualità” come fonte di vita e speranza. Gesù Cristo è dunque la risposta, pienezza dell’umanità e senso della storia.
In altri termini non esiste una Chiesa disincarnata, presente solo nei recinti del sacro o dell’intimismo. Non esiste una visione puramente “spiritualista” o “solidarista”. Non ci sono contrapposizioni, ma l’unico primato che esiste è il primato di Dio e il valore indeducibile della persona. Per questo la Chiesa ha da dire qualcosa anche sulle dinamiche sociali e sui tre principi oggetto della relazione.
In particolare il bene comune è Il noi-tutti, è il “bene dell’essere insieme” diverso dalla somma dei beni individuali. Esso, oltre ad avere una dimensione sociologica, ha una dimensione teologica ed esige il passaggio “qualitativo” dal concetto di “persona” al concetto di “fratello” che rimanda per forza di cose all’unica paternità. E proprio in Dio Padre e nel mistero trinitario troviamo il modello ideale. Il bene comune, ad ogni modo, è un bene fragile perché affidato alla libertà di ognuno. Il presupposto è che proprio tutti devono avere la consapevolezza di dovervi contribuire attraverso un sano senso civico e una forte coscienza di corresponsabilità.
Il principio di sussidiarietà, richiama una visione positiva dell’uomo, un vero e proprio atto di fede in lui e nelle sue potenzialità. Il subsidium, pertanto, deve essere un aiuto, ma non si deve sostituire né alle persone, né agli enti o alle associazioni. Tutti stanno bene, se viene permesso ad ognuno di stare bene: ecco lo stretto legame tra “bene comune” e “sussidiarietà”. Il “contenitore”, dentro il quale c’è l’aiuto per tutti, deve essere condiviso a sua volta da chi ne usufruisce. San Paolo afferma: “Nessuno vive per se stesso, nessuno muore per se stesso”. E’, allora, un inalienabile diritto poter attingere a questo bene per vivere, solo se matura il dovere di condividerlo a propria volta, non dimenticando mai l’universale destinazione dei beni.
La terza pietra miliare toccata dal Vescovo Donato Negro è il principio di solidarietà. In latino “in solido” significa “tutt’uno”, significa non usare due pesi e due misure. Ciò che sono e ho io deve poterlo essere e avere anche l’altro, perché io e l’altro siamo “tutt’uno”. Questo principio non fa appello, però, alla dimensione della carità, quanto alla questione della giustizia. Che l’altro viva dignitosamente oltre me, insieme e con me, è solo giustizia! E per essere veramente “in solido” è importante partire dai più deboli e non dai più forti.
Si legge nella relazione di Mons. Negro che negli ultimi decenni “si è verificato un problema applicativo dell’insegnamento sociale della Chiesa, e cioè una esagerata e unilaterale esaltazione della sussidiarietà, staccata dalla solidarietà e, di fatto, giocata contro di essa”. Chiarito, dunque, che il fulcro del problema sta nella stretta connessione di solidarietà e sussidiarietà, si tratta di capire come tale connessione possa realmente realizzarsi e realizzarsi in forma molto stretta. La via ci è indicata dal Concilio Vaticano II che ha riletto la sussidiarietà come partecipazione e la solidarietà come responsabilità (Gaudium et spes, n. 31).
Tutto ciò si applica pure alla vita della Chiesa fornendo le coordinate alla visione del “sovvenire alle necessità” della Chiesa stessa, nel quadro della sua missione pastorale.
Nel contesto, dunque, dell’educare al senso sociale, all’attenzione per il prossimo, alla solidarietà e alla condivisione”, continua ancora la relazione del Vescovo ,“si inquadra in modo pastoralmente chiaro e nitido, il nostro compito più limitato e specifico: educare al senso sociale ecclesiale, all’attenzione per il prossimo nella comunità ecclesiale, alla solidarietà tra battezzati, alla condivisione tra le famiglie che formano la più grande famiglia parrocchiale e diocesana e l’intera Chiesa cattolica, con particolare attenzione alle diocesi più bisognose”. Tale compito specifico non può conseguirsi da solo, ma impegnandosi a livello complessivo: il bene particolare è sempre interno al bene comune, altrimenti può degenerare in egoismo corporativo e in logiche lobbistiche. I criteri di orientamento pastorale sono sempre quelli che la Chiesa italiana si è data con il documento Sovvenire alle necessità della Chiesa. Corresponsabilità e partecipazione dei fedeli (del 14 novembre 1988).
“La via della Chiesa è dunque quella della fraternità e del bene comune”, afferma ancora Mons. Donato,” fondati sulla integrazione della sussidiarietà (come partecipazione attiva e corresponsabile di tutti, nella misura delle possibilità di ciascuno) e della solidarietà (come responsabilità e dovere di aiuto, sia immediatamente soccorrevole sia per la promozione di autonomia)”.
La solidarietà è una virtù cristiana strettamente legata alla carità. Una Chiesa autentica deve partire dalla testimonianza di una Chiesa “del servizio” e “dei poveri”. La via è semplice. E’ quella ricordata nell’espressione di San Paolo ai Filippesi in riferimento allo stile di Gesù che “svuotò se stesso” (Fil 2,7). “Dio si svuota di se stesso, la Chiesa è tale se si svuota di se stessa, lo Stato è garante dei cittadini se si svuota di se stesso, ogni cristiano sperimenta la grandezza di ciò che ha ricevuto solo svuotandosi nel dono incondizionato di sé”.
Ciò vale per tutti i battezzati “e poi per tutti gli operatori pastorali, in particolare per quelli che direttamente o indirettamente sono coinvolti nell’amministrazione di beni ecclesiali e nella sensibilizzazione al ‘sovvenire’: dunque anche per tutti noi.
Pur nell’umiltà del compito che ci riguarda”, si legge in conclusione, “siamo perciò personalmente chiamati a questo alto e privilegiato modo di testimonianza. Qui sta la nostra vera consolazione e la nostra gioia, perché ‘lo spirito di povertà e di carità è la gloria e la testimonianza della Chiesa di Cristo’ (Gaudium et spes, n. 88a)”.
Responsabile: Matteo Calabresi
Coordinamento redazionale: Maria Grazia Bambino
Servizio promozione della C.E.I.
© Copyright 2010 In Cerchio