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Padre Ermes Ronchi agli esercizi spirituali di Papa Francesco: la Chiesa sia trasparente sui beni che possiede
Il tema della trasparenza dei beni della Chiesa e la più ampia questione della lotta alla fame e contro lo spreco di cibo sono stati due punti chiave della sesta meditazione degli esercizi spirituali della Quaresima, che padre Ermes Ronchi ha predicando a Papa Francesco e alla Curia Romana ad Ariccia lo scorso 9 marzo.
Ne diamo una breve sintesi nel servizio di Alessandro De Carolis della Radio Vaticana.
“Ciò che ferisce di più il popolo cristiano – ha osservato padre Ronchi – è l’attaccamento del clero al denaro”, mentre “ciò che lo fa felice è il pane condiviso. Ci sono persone così affamate che per loro Dio non può avere che la forma di un pane”. Padre Ermes Ronchi apre così la sua meditazione. La vita ha inizio con la fame, dice, “essere vivi è avere fame”. E se lo sguardo si allarga, ecco la fame di massa, “l’assedio dei poveri”, milioni di mani tese che chiedono qualcosa da mangiare, non chiedono “una definizione religiosa”. E la Chiesa, si chiede il predicatore, come risponde?
No a cortine fumogene
Le parole del Vangelo sulle quali padre Ronchi intreccia le sue sono quelle della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il religioso analizza la scena: i discepoli chiedono di congedare la folla perché vada a sfamarsi, Gesù replica di dare loro stessi da mangiare e, all’obiezione dei Dodici sull’entità della spesa, la richiesta del Maestro: “Quanti pani avete? Andate a vedere”. Gesù, osserva padre Ronchi, “è molto pratico”, domanda di “fare il conto”, e non finisce di domandarlo:
“L’operazione di verifica è chiesta a tutti i discepoli anche oggi, a me: quanto hai? Quanti soldi, quante case? Che tenore di vita? Andate a vedere, verificate. Quante macchine o quanti gioielli sotto forma di croci o anelli? La Chiesa non deve aver paura della trasparenza, nessuna paura della chiarezza sui suoi pani e i suoi pesci, sui suoi beni. Cinque pani e due pesci”.
Condividere è moltiplicare
“Con la trasparenza si è veri. E quando sei vero sei anche libero”, afferma il predicatore degli esercizi. Come Gesù, che “non si è fatto comprare da nessuno” e “non è mai entrato nei palazzi dei potenti se non da prigioniero”. Quando non si ha, nota padre Ronchi, si cerca di trattenere, come quegli Ordini religiosi che provano a gestire i beni come se ciò potesse produrre quella sicurezza erosa dalla crisi delle vocazioni. Invece, la logica di Gesù è quella del dono. “Amare” nel Vangelo si traduce in un verbo asciutto: “dare”. Il miracolo della moltiplicazione dice questo, che Gesù “non bada alla quantità” del pane, ciò che vuole è che quel pane sia condiviso: "Secondo una misteriosa regola divina: quando il mio pane diventa il nostro pane, allora anche il poco diventa sufficiente. E invece, la fame comincia quando io tengo stretto il mio pane per me, quando l’Occidente sazio tiene stretto il suo pane, i suoi pesci, i suoi beni per sé (…) Sfamare la terra, tutta la terra, è possibile, c’è pane in abbondanza. Non occorre moltiplicarlo, basta distribuirlo, a cominciare da noi. Non servono moltiplicazioni prodigiose, ma battere il Golia dell’egoismo, dello spreco del cibo e dell’accumulo di pochi”.
“La fame degli altri ha dei diritti su di me”
“Date e vi sarà dato e riceverete una misura scossa pigiata traboccante...”. In questa promessa di Gesù è contenuta, ripete padre Ronchi, “la misteriosa, immensa economia del dono e del centuplo, che spariglia ogni bilancio”. Questo “mi conforta – soggiunge – perché mostra che la verità ultima segue la logica del dono, non quella dell’osservanza”. E la “domanda ultima sarà: hai dato poco o hai dato molto alla vita”. “Da questo dipende la vita, non dai beni”, conclude padre Ronchi. E bastano cinque pani donati per cambiare il mondo: “Il miracolo sono i cinque pani e i due pesci che la Chiesa nascente mette nelle mani di Cristo fidandosi, senza calcolare e senza trattenere qualcosa per sé e per la propria cena. E’ poco ma è tutto ciò che ha, è poco ma è tutta la cena dei discepoli, è una goccia nel mare, ma è quella goccia che può dare senso e può dare speranza alla vita”.
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