Anno 2015 » Homepage Newsletter Gennaio 2017 » Formazione » Le parole del Giubileo: "s" come "solidarietà"
Se ascoltiamo il grido di dolore di un terremotato, il lamento di un senzatetto, il pianto di un povero, ci accorgiamo che sono accomunati da una stessa richiesta: non dimenticateci, non abbandonateci al nostro destino, non lasciateci soli. A tendere loro la mano un esercito di volontari, persone che alla parola avarizia preferiscono la parola accoglienza, alla parola solitudine sostituiscono la parola solidarietà.
Ma quanti sono i volontari in Italia, chi sono e per quali ragioni scelgono di essere solidali? La fotografia della solidarietà in Italia ci viene fornita da una ricerca multidisciplinare basata sugli ultimi dati Istat, presentata a metà gennaio di quest’anno alla Camera dei Deputati dal titolo "Volontari e attività volontarie in Italia. Antecedenti, impatti, esplorazioni".
Ma quanti sono i volontari in Italia, chi sono e per quali ragioni scelgono di essere solidali? La fotografia della solidarietà in Italia ci viene fornita da una ricerca multidisciplinare basata sugli ultimi dati Istat, presentata a metà gennaio di quest’anno alla Camera dei Deputati dal titolo "Volontari e attività volontarie in Italia. Antecedenti, impatti, esplorazioni".
6,63 milioni di italiani, il 12,6% della popolazione, si impegnano gratuitamente per gli altri o per il bene comune. I dati dimostrano che 4,14 milioni di persone, il 7,9% del totale, fanno volontariato all’interno di organizzazioni e circa 3 milioni di italiani, il 5,8% della popolazione, si dedicano al volontariato in modo individuale.
Diversi nelle organizzazioni, uguali nella solidarietà
Cosa spinge le persone a dedicare il proprio tempo in associazioni e organizzazioni di volontariato? La solidarietà è un valore umano e cristiano che si manifesta soprattutto in ambito sociosanitario e assistenziale. Un milione e 228 mila sono i “Fedelissimi dell’assistenza” (il 29,6% del totale di volontari organizzati), italiani che dedicano il proprio tempo libero per aiutare chi ha bisogno di aiuto sociale, sanitario o di protezione civile. Tra questi moltissimi sono i cristiani. Seguono, per numerosità, le cosiddette “Educatrici di ispirazione religiosa”, un milione e 36mila persone (il 25% del totale) impegnate nelle attività educative e nella catechesi; un impegno vissuto come stile di vita, specialmente dalle donne del Sud. Condividere lo stesso credo e la stessa fede è il fattore che maggiormente determina la propensione all’impegno volontario per chi fa parte delle associazioni. In un momento in cui diminuiscono le risorse messe dallo Stato verso i bisogni sociosanitari e assistenziali delle persone, aumenta la responsabilità sociale di molti cittadini e crescono le risposte offerte dalle associazioni religiose verso i deboli, i fragili, gli espulsi da tutto, le piete scattate.
La solidarietà individuale, cifra caratteristica di un buon cristiano
Grazie a questa ricerca conosciamo, per la prima volta, chi si impegna nel volontariato individualmente; e, anche in questo caso, l’incentivo più forte alla solidarietà è l’identità religiosa. 852mila persone (il 34,2% dei volontari individuali) sono “quelli che… danno una mano”, persone che offrono aiuto in casa o a risolvere pratiche burocratiche. Seguono “quelle che… senza come si farebbe”, 707 mila donne (il 28,4%) che offrono assistenza qualificata a persone in difficoltà, con relazioni di aiuto durature nel tempo.
Dati interessanti, ma non sufficienti per noi cristiani. La parabola del Buon Samaritano è il paradigma di ogni rapporto solidale in senso cristiano. In essa c’è tutto ciò che contraddistingue il concetto di solidarietà cristiana: gratuità, accoglienza, empatia, anonimato.
Per educare alla carità, stimolare l’accoglienza e promuovere la solidarietà, soprattutto nelle diocesi e nelle parrocchie, dobbiamo lasciarci provocare dai poveri. Lo ha detto Papa Francesco l’11 novembre 2016 ai partecipanti al Giubileo delle persone socialmente escluse: “Saper essere solidali, saper aiutarsi, saper dare la mano a chi sta soffrendo più di me. La capacità di essere solidali è uno dei frutti che ci dà la povertà. Quando c’è molta ricchezza, ci si dimentica di essere solidali, perché si è abituati al fatto che non manca niente! Quando la povertà ti porta a volte a soffrire, ti rende solidale e ti fa stendere la mano a chi sta vivendo una situazione più difficile della tua. Grazie per questo esempio che voi date. Insegnate la solidarietà al mondo!”
Paolo Cortellessa
Responsabile: Matteo Calabresi - Coordinamento redazionale: Maria Grazia Bambino - E-mail: newsletterincerchio@sovvenire.it
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