Newsletter In Cerchio - Settembre 2014 - Numero X - Anno XII
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Le parole del Giubileo: "m" come "misericordia"   versione testuale

La prima è stata quella di Bangui, in Centrafrica, il 29 novembre scorso. L’ultima, il 18 giugno, al Santuario dell’Ambro a Montefortino (Fermo). La più grande novità del Giubileo straordinario voluto da Papa Francesco è rappresentata proprio dall’apertura delle Porte Sante, dette Porte della Misericordia. Non si contano a oggi le Porte Sante che sono state aperte. Se moltiplichiamo il numero delle diocesi - 226 in Italia e 2.898 nel mondo – con una media di 3 o 4 aperture, il conto è presto fatto: circa 1.000 solo in Italia, circa 10.000 in tutto il mondo. Non è più necessario che i credenti raggiungano Roma o la Terra Santa per entrare attraverso una Porta e ottenere la misericordia di Dio e il suo perdono. E’ la Chiesa presente nei territori e nelle periferie, grazie a tutte le diocesi del mondo, che apre le Porte Sante di cattedrali, basiliche e santuari per far giungere ovunque e a chiunque il perdono e la misericordia di Dio. La Porta Santa, infatti, possiede un valore simbolico di grande importanza per noi cristiani perché rappresenta Gesù: il Cristo risorto è l’unica porta di accesso, la via per trovare la salvezza. Passare attraverso la Porta Santa significa aprire il nostro cuore per farci abbracciare dalla misericordia di Dio. Ma in concreto che possiamo fare?
  
La carezza della misericordia
La dritta per aprire la porta della misericordia l’ha indicata Papa Francesco nell’udienza giubilare del 20 febbraio 2016: “La mia vita, il mio atteggiamento, il modo di andare per la vita deve essere proprio un segno concreto del fatto che Dio è vicino a noi. Piccoli gesti di amore, di tenerezza, di cura, che fanno pensare che il Signore è con noi, è vicino a noi. E così si apre la porta della misericordia”. Se vogliamo restare nell’abbraccio di Dio, dopo aver attraversato la Porta Santa, dobbiamo impegnarci concretamente a essere misericordiosi verso gli altri come Dio lo è con noi: “Dobbiamo portare quella carezza di Dio - perché Dio ci ha accarezzati con la sua misericordia - portarla agli altri, a quelli che hanno bisogno, a quelli che hanno una sofferenza nel cuore o sono tristi: avvicinarsi con quella carezza di Dio, che è la stessa che Lui ha dato a noi”. La sfida che ci attende durante tutto il periodo giubilare è quella di essere donne e uomini capaci di portare la carezza della misericordia e di dare testimonianza concreta della carità e dell’amore all’interno del piccolo o grande paese in cui viviamo. Per noi cristiani vuol dire essere impegnati, attenti alle sofferenze dei fratelli, responsabili nei confronti del prossimo, generosi nell’aiutare che ci chiede un aiuto.
  
8xmille, la rivoluzione della misericordia
In un momento storico in cui la paura cresce insieme all’odio, si sta affermando una rivoluzione silenziosa, quella della misericordia. Un segno concreto di questa rivoluzione che si manifesta in opere di compassione, di speranza e soprattutto di carità è rappresentato dalle firme per l’8xmille alla Chiesa cattolica. L’identità dell’8xmille è avere un cuore per i miseri, gli ultimi, i poveri, gli uomini e le donne in difficoltà; significa anche avere un comportamento attivo per difendere i bisogni e le necessità dei più deboli, andare verso l’altro, per soccorrerlo dalla fame e dalla miseria, difenderlo dalla violenza e dalle ingiustizie, sostenerlo nella malattia e nel bisogno. Le opere di misericordia realizzate grazie ai fondi 8xmille che la nostra Chiesa riceve ogni anno sono gesti concreti che rendono attuale il messaggio di Cristo: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6, 36).
Nel 2016 sempre più fondi sono devoluti per opere di carità: 270 milioni di euro sul territorio nazionale ed estero, ben 5 milioni in più rispetto al 2015. La quota destinata al sostentamento del clero è, invece, pari a 350 milioni: una cifra che permette ai nostri sacerdoti di svolgere serenamente la loro missione ed essere sempre vicini ai bisognosi. Per le opere di culto e pastorale, infine, sono destinati circa 400 milioni. Si tratta di fondi necessari per finanziare i cantieri di edilizia e restauro dei beni culturali che danno lavoro a tante famiglie e aiutano le parrocchie a essere, in molte zone della Penisola, l’unico presidio aperto sul territorio.
 
Paolo Cortellessa
 
 
 
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