Tra i vincitori del bando nazionale di scrittura Insieme ai sacerdoti: racconta il tuo “don”, realizzato in collaborazione tra l’Azione Cattolica Italiana e il Servizio Promozione Sostegno Economico alla Chiesa della C.E.I. (In Cerchio di luglio), Paolo Squillaci di Vigevano. Ecco di seguito come racconta il suo "don".
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Siamo volti di Cristo
Telefoni che suonano, gente che parla ad alta voce, due tavoli ingombri di carte. “Aspetta, sposto due cose così ci stai”. Non si preoccupi don, camera mia è peggio. Così ci sediamo e inizia la chiacchierata.
Don Moreno Locatelli sorride. Non è solo il direttore della Caritas della diocesi di Vigevano, città che per la crisi ha sofferto molto. Non è solo il parroco della frazione Piccolini, dove si trova il carcere omonimo, che svetta sulla piatta distesa di risaie. Non è solo un sacerdote con pochi capelli e tanta voglia di fare. Interista e tifoso della squadra di basket di Cantù, città dove è nato nel 1968, si è trasformato in un esperto regista che, sfruttando una ripartenza, serve un pallone ben piazzato agli attaccanti, sperando che siano loro a segnare il goal decisivo.
L’occasione favorevole per il lavoro di don Moreno è stato il Giubileo straordinario. In occasione del rilancio del tema della misericordia, la Caritas diocesana ha organizzato delle “opere-segno” per aiutare chi è in difficoltà: “In questo anno del Giubileo vogliamo lanciare delle proposte che richiamino l’attenzione sul bisogno che è presente vicino a noi. Perché siamo chiamati ad essere missionari qui e ora”.
I progetti di don Moreno riguardano i giovani disagiati, gli anziani e i ludopatici. Ma il suo obiettivo più ambizioso riguarda i 391 carcerati dei Piccolini: “L’idea è di non concepire il sistema carcerario semplicemente come una punizione”. Don Moreno ha deciso di impegnarsi per sensibilizzare anche i sacerdoti diocesani, suggerendo di celebrare ogni domenica della Quaresima la Messa in carcere. Ha proposto convegni, invitato professori, dialogato con tante figure del mondo del volontariato. Si è speso molto per aiutare e per sensibilizzare la comunità, perché “portare speranza a chi non ha più speranza è il compito dei cristiani”; lavora per creare un ufficio di mediazione penale, che consenta di far incontrare il colpevole e la vittima e aiutarle a capirsi: tutto l’agire della Caritas in questo senso ha lo scopo di permettere la reintegrazione del carcerato una volta scontata la sua pena. Il don sa bene che è difficile, in una città con 9mila disoccupati, che un ex-detenuto trovi lavoro, o anche solo un alloggio. La Caritas fa quello che può, fornendo una decina di posti letto.
Don Moreno ci crede: “Siamo il volto di Cristo se aiutiamo il prossimo”; compito che tutta la comunità deve assumersi. Ma dove inizia la responsabilità del prete e dove quella dei fedeli? “Se stiamo al Concilio Vaticano II, allora dobbiamo parlare di corresponsabilità, che significa che pastore e gregge sono entrambi responsabili pur nella diversità. Una situazione equilibrata è possibile: il parroco deve stimolare e incitare, e i laici agire concretamente”.
Quando chiedo i tre oggetti che un parroco deve sempre avere con sé, sorridendo risponde: “Corona del rosario, un sorriso, una parola di bene”. Cosa non dovrebbe mai fare un sacerdote? “Il despota”. Ma quando chiedo il suo passo del Vangelo preferito, ridendo torna a pensare qualche secondo. Io rimango fermo, ora fissandolo, ora girandomi per guardare il viavai nel corridoio, ora buttando lo sguardo oltre la finestra, sulla strada piena di bar con slot-machine e uno strano senso di quieta malinconia.
Ma ecco che don Moreno riprende parola: “La parabola degli operai nella vigna: ‘ricevettero un denaro ciascuno’, sia quelli della prima ora sia quelli arrivati per ultimi. Oppure, ricordandomi dello scopo della Caritas, ti dico At 3,6: quando Pietro e Giovanni vanno al Tempio e uno storpio chiede l’elemosina, Pietro risponde: Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, cammina!”
Ma ecco che don Moreno riprende parola: “La parabola degli operai nella vigna: ‘ricevettero un denaro ciascuno’, sia quelli della prima ora sia quelli arrivati per ultimi. Oppure, ricordandomi dello scopo della Caritas, ti dico At 3,6: quando Pietro e Giovanni vanno al Tempio e uno storpio chiede l’elemosina, Pietro risponde: Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, cammina!”
Responsabile: Matteo Calabresi - Coordinamento redazionale: Maria Grazia Bambino - E-mail: newsletterincerchio@sovvenire.it
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